lunedì 27 febbraio 2012

L'artista muto

Tempi di Oscar.
Accanto a un magnifico Woody Allen, ancora capace di trionfare per la miglior sceneggiatura (come dire: invecchia, ma ancora la sua intelligente ironia è insuperabile) questa è l'edizione che vede la vittoria di un film che non serve nemmeno vedere per innamorarsene: The Artist.
Nel 2012, in piena era digitale, con il 3D, con le nuove evoluzioni degli effetti speciali e la computer grafica, vince l'Oscar un film in bianco e nero e, soprattutto, muto.
A 75 anni di distanza da quel "Il cantante di Jazz" che decretò la morte del cinema muto (tranne l'immenso Chaplin che continuò a usare il bianco e nero fino alla fine e il muto fino al 1936, irrompendo in piena era del sonoro con capolavori come "Il Circo", "Luci della città" e "Tempi moderni") il regista Michel Hazanavicius ha avuto l'idea semplice e vincente. Come il famoso uovo di Colombo: bastava pensarci.
E lode al trionfo di questo film, quindi, del cui ci si innamora anche soltanto a vedere un fotogramma. Perché si sente il sapore. In quei sorrisi, in quei capelli maschili brillantinati e quelli femminili platinati. In quei gesti plateali, in quella sobria dignità di altri tempi. C'è sapore di buono, di bello... e c'è soprattutto la voglia di sublimare ciò che poche immagini hanno suggerito. E la voglia di andarlo a vedere di corsa questo film, con la certezza che non sarà una delusione.
Peraltro è riuscito anche là dove gli americani avevano creato una sorta di "barriera" per impedire che un film straniero potesse assicurarsi l'Oscar più importante. Il regolamento prevede che il miglior film debba essere in lingua inglese. Per gli altri c'è la categoria "miglior film straniero". The Artist è un film francese, ma è muto. E quindi... non è in inglese ma nemmeno in lingua straniera. E quindi candidabile all'Oscar. Che ha vinto, anzi... stravinto.
Geniale.
Come dite voi francesi: chapeau!


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