Un anno fa, caro Maestro Monicelli, hai deciso di lasciarci. E lo hai fatto tu, con un gesto di grande dignità, da quell'uomo libero che eri e che sei sempre stato.
Hai deciso di lasciarti e di fregare la vita e la morte sul filo di lana. Hai potuto permettertelo, certo, ma ciò che mi ha colpito allora è stata la grande dignità con cui hai accompagnato il tuo gesto. La dignità dell'uomo che dice: basta! In certi casi si può fare. Avevi 95 anni e hai vissuto una vita, suppongo, meravigliosa (e ci hai fatto vivere tanti momenti meravigliosi anche a noi). Quindi... perché non fregare 'sta cazzo di sorte, con uno di quegli scherzi malefici che facevi compiere ai tuoi "Amici miei". E l'hai fregata, sì... l'hai fregata per bene. La grande falciatrice non ha dovuto scomodarsi per venire a prenderti, sei stato tu a gettarti fra le sue braccia.
Certo, ti avevamo sentito solo poche settimane prima, così lucido, così giovane. Tu, un uomo di quasi cento anni, che parlavi di rivoluzione! Che stavi in piazza con gli studenti. Che parlavi come un trentenne, con la consapevolezza, credo, che la maggior parte dei trentenni era molto più vecchia di te.
Sei stato un grande maestro, caro Monicelli. Bastardo come solo i toscani sanno essere. Di quella sottile e umoristica cattiveria che veniva fuori nei tuoi capolavori. In tutti.
"Io so' io e voi nun siete un cazzo" facevi dire ad Alberto Sordi ne "Il marchese del grillo". Bene... tu eri tu e gran parte del mondo non è un cazzo, ma almeno quando guardiamo i tuoi film... sì, per un paio d'ore magari anche noi siamo qualcuno.
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